Dolore pelvico cronico, gli attuali approcci non invasivi ▼
Il dolore pelvico cronico (CPP) è una condizione comune e debilitante; la sua eziologia è multifattoriale e ha diverse implicazioni sociali, psicologiche e biologiche.
La gestione del CPP è ancora oggi una grande sfida per la medicina in quanto, malgrado siano disponibili interventi di tipo chirurgico, molte donne vivono nel dolore senza aver ricevuto una diagnosi ginecologica specifica.
Molto spesso, le sue cause sono difficili da identificare, anche avvalendosi di indagini ecografiche e dell’ispezione della pelvi attraverso la laparoscopia.
Il trattamento del CPP è spesso limitato a offrire un sollievo rispetto ai sintomi che ad essa si accompagnano, ottenuto ricorrendo ad un miscuglio di farmaci.
In una recente revisione della letteratura condotta da Cochrane Collaboration gli autori hanno analizzato i dati provenienti da 13 trial clinici randomizzati, condotti su campioni di donne sottopostesi a svariate tipologie di trattamento non chirurgico del CPP allo scopo di valutarne l’efficacia e la sicurezza.
Nel complesso, la ricerca ha permesso di elaborare i dati provenienti da 750 donne, 406 delle quali appartenevano al gruppo di coloro che hanno ricevuto gli interventi e 344 che formavano invece il gruppo di controllo.
Le cause del dolore pelvico riscontrate nelle donne sono state molteplici (es. sindrome da congestione pelvica, presenza di aderenze, disfunzioni ovariche, patologie muscolo scheletriche, nervose e psicosomatiche) e sono state escluse le donne i cui dolori erano correlati a endometriosi, dismenorrea primaria, malattia infiammatoria pelvica cronica attiva o sindrome del colon irritabile.
Gli interventi valutati hanno incluso cure mediche e psicologiche, cognitive, comportamentali, complementari e terapie fisiche.
Ad esempio, è stata valutata l’efficacia dell’utilizzo di farmaci a base di progestinici, di inibitori del rilascio di LH (ormone luteinizzante), di antidepressivi ed antiepilettici e della tossina botulinica, come anche l’utilizzo di fisioterapia per la distensione degli organi pelvici e di varie forme di terapia psicologica (scrittura terapeutica, correzione delle abitudini, programmazione di controlli ecografici regolari e psicoterapia).
Negli studi che hanno messo a confronto l’efficacia dei trattamenti farmacologici rispetto al placebo è emerso che l’unico trattamento significativamente efficace è quello a base di progestinici, nello specifico a base di medrossiprogesterone acetato (MPA); questo, ha permesso nella maggioranza delle donne una riduzione del dolore superiore al 50%, che perdurava fino a 9 mesi dopo il termine del trattamento.
Poiché il principale effetto associato all’uso di questa molecola è l’aumentato rischio di incremento del peso corporeo, il suo ricorso è considerato maggiormente accettabile tra le donne che non giudicano rilevanti alcuni possibili effetti collaterali del progestinico, come l’aumento di peso ed il gonfiore.
Dal confronto dell’efficacia di diversi farmaci è emerso che gli inibitori del rilascio di LH (Goserelin) sono stati maggiormente efficaci dei progestinici nel ridurre il punteggio del dolore pelvico e nel migliorare l’umore e la funzione sessuale a distanza di 1 anno; i farmaci antiepilettici hanno invece mostrato risultati migliori rispetto a quelli antidepressivi, ma minori rispetto al progesterone e al Goserelin.
Anche i trattamenti fisioterapici volti alla distensione delle strutture muscolari doloranti hanno avuto un effetto positivo nella riduzione del dolore delle donne.
La terapia psicologica che si è rivelata maggiormente efficace è stata quella della programmazione dei controlli ecografici, una strategia che pare essere migliore della filosofia “aspettiamo e vediamo” ed aiuta a ridurre la frequenza e la gravità dei sintomi in tutti i tipi di dolore cronico. Anche la scrittura terapeutica è risultata essere utile, ma in questo caso i risultati necessitano di essere confermati da ulteriori studi.
I risultati ottenuti, benché significativi, sono ancora incompleti poiché molte delle ricerche prese in esame si sono basate su campioni di donne ridotti: di fatto, la ricerca in questo settore necessita di essere ulteriormente ampliata.
Lo studio mette comunque in luce la possibilità di portare avanti un approccio terapeutico multidisciplinare efficace, che, sviluppato al meglio, porterebbe ad un miglioramento delle possibilità di gestione delle pazienti affette da CPP.
Ostetrica Lucia Cappelletti
Link alla fonte:
Non-surgical interventions for the management of chronic pelvic pain